Gli articoli dell'Avv. Pagliarulo

La Corte d’Appello di Lecce, con sentenza 266/2022, in accoglimento dell’appello incidentale dell’Avv. Giovanni Pagliarulo, conferma principi consolidati in materia di responsabilità professionale del consulente aziendale, nello specifico esperto di finanzia agevolata.

Con sentenza n. 3590.2019 del 15.11.2019, il Tribunale di Lecce, aveva respinto la domanda di risarcimento proposta da un’azienda salentina del settore della gelateria contro il professionista che avrebbe disattesa gli obblighi di un mandato conferito per l’ottenimento di agevolazioni finanziarie con condanna alle spese di lite. Il suddetto professionista,

difeso dallo studio dell’Avv. Giovanni Pagliarulo si era difeso negando ogni addebito.

In effetti con atto di citazione notificato in data 15.10.2014, la XX aveva citato in giudizio il XY per l’accertamento della responsabilità professionale nell’attività di consulenza ed assistenza da questi prestatale nella predisposizione e presentazione della pratica per l’accesso al finanziamento regionale in conto interessi a fondo perduto, indetto con avviso pubblicato sul B.U.R. n. 62 del 23.04.2009 (“Titolo II – Aiuti agli investimenti iniziali alle microimprese e alle piccole imprese”) e per la condanna dello stesso al risarcimento dei danni.

 La domanda era stata dichiarata “non accoglibile” dalla Regione Puglia perché presentata quando non era ancora maturato il presupposto principale prescritto per l’ammissione al finanziamento, ovvero che l’impresa fosse già operativa alla data di presentazione dell’istanza; presupposto da dimostrarsi tramite documentazione dell’iscrizione nel Registro delle Imprese da non meno di tre mesi prima della domanda oppure tramite prova di almeno una fattura di vendita o registrazione di almeno un corrispettivo in data antecedente alla domanda.

Con comparsa di risposta, XY resisteva alla domanda, eccependo di non avere mai ricevuto o accettato alcun incarico professionale dalla XX, o di avere ricevuto acconti da questa, al fine di curare l’istanza di accesso al finanziamento e di essere stato più semplicemente ‘contattato’ dal commercialista della XX , una prima volta per la sola indicazione di fondi accessibili per finanziare la costituenda società ed una seconda volta dopo che l’istanza, presentata ad esclusiva iniziativa della stessa società, era stata dichiarata non accoglibile dalla Regione Puglia, allo scopo di correggere una ‘bozza di memoria difensiva’ contro il provvedimento regionale negativo. Negava, inoltre, l’automatismo tra la presentazione della domanda di finanziamento e l’erogazione dello stesso e, pur genericamente, che vi fosse nesso causale tra l’attività prestata (asseritamente per una diversa pratica di

finanziamento) ed il danno subito dall’attrice. 

Riteneva il Tribunale di non ravvisare una responsabilità professionale colposa dal momento che la società attrice avrebbe potuto proporre ricorso al TAR per impugnare il provvedimento che la aveva esclusa dall’accesso ai fondi per la mancata costituzione entro il termine fissato dalla legge regionale e che in ogni caso non vi era nessuna prova neanche prognostica del diritto all’accessoai fondi.  Avverso tale decisione ha proposto appello XX con atto di citazione notificato a XY articolando diversi motivi di gravame , più avanti sintetizzati e insistendo nelle originarie deduzioni e richieste. Ha chiesto di essere autorizzato a depositare documentazione non acquisita in primo grado e ha depositato istanza della XX alla Regione, in data 28.11.2019, di accesso agli atti della pratica di finanziamento non accolta.

L’appellato, costituendosi con memoria depositata dall’Avv. Giovanni Pagliarulo ha chiesto il rigetto dell’appello perché ritenuto infondato, formulando appello incidentale per la declaratoria di inesistenza del mandato,opponendosi alla produzione documentale richiesta dall’appellante.

L’appellante in data 28.04.2020, ha depositato PEC con istanza di accesso agli atti del 28.11.2019 di XX; ricevuta PEC di consegna alla Regione di istanza accesso agli atti; riscontro della Regione Puglia del 15.01.2020 all'istanza di accesso agli atti di XX. Con ordinanza 3.07.2020, la Corte, rimettendo la decisione sulla acquisizione documentale alla decisione di merito, ha fissato l’udienza per la precisazione delle conclusioni.

La corte condivideva le difese dell’Avv. Giovanni Pagliarulo, il quale aveva eccepito la novità di domande, eccezioni e documenti non ammissibili.

Con la suddetta impugnazione aveva contestato il convincimento del Giudice di prime cure secondo cui XX ebbe a conferire incarico al XY di predisporre la domanda di accesso alle provvidenze del bando in premessa indicato e di accompagnarla nella procedura di richiesta ed ottenimento dei relativi benefici. La critica muoveva dal fatto che il Giudice era pervenuto a tale conclusione facendo leva sugli allegati 7,8,9,17,18,20,22,23,24,25,26 e 28 del fascicolo dell’attore e dalle prove orali; veniva quindi eccepita la natura apodittica dell’affermazione in quanto non era dato comprendere quale sarebbe stato il contenuto dei

suddetti documenti che aveva condotto il Magistrato al censurato convincimento. E, pur contestando tale assunto, il XY faceva rilevare che lo stesso non era stato oggetto di impugnativa da parte della XX, neppure sotto il profilo di quanto dispone l’art. 342, c. 1, n. 1, del c.p.c. e che pertanto l’intero appello era abbattuto dal giudicato derivante dall’accertamento che il XY non ebbe specifico incarico di presentare la domanda; secondo il Tribunale l’oggetto del rapporto professionale era quello di predisporre la domanda e di accompagnarla nella procedura di richiesta ed ottenimento dei relativi benefici ma non di presentarla e di individuare la data per il suo inoltro, che, a dire dell’attore è il momento qualificante l’azione illecita foriera dei danni lamentati. Di conseguenza preso atto di quanto innanzi la Corte non avrebbe potuto che dichiarare inammissibile l’appello; in caso contrario sorgeva l’interesse dell’appellato a chiedere, previa riforma sul punto della sentenza di primo grado, l’accertamento della natura dell’incarico conferito al Dr. Guglielmo e quindi l’interesse dell’appellato ad impugnare tale capo di sentenza. Venendo al merito della decisione di primo grado, l’appellante incidentale deduceva, con la detta impugnazione incidentale, anche ai sensi dell’art. 342, 

c. 1,

n.1) c.p.c.., che la decisione del Tribunale doveva essere riformata comunque con piena conferma del decisum, anche nel caso di accoglimento dei motivi principali, per l’assorbente ragione che non vi fu mai alcun rapporto professionale tra appellante ed appellato. Rilevato

quindi come sia compito del giudice qualificare giuridicamente il rapporto contrattuale dedotto in giudizio e la domanda giudiziale attraverso la quale si pretende di tutelare le ragioni derivanti dal suddetto rapporto, lamentava che tale obbligo era stato totalmente disatteso poiché il Tribunale nel tratteggiare ciò che il XY avrebbe fatto o avrebbe assunto l’obbligo di fare, non qualifica né il rapporto né la domanda (domanda risarcitoria da illecito contrattuale o extracontrattuale etc.), così da comprendere sulla base di quali canoni ermeneutici e poi normativi aveva ritenuto di poter dire che il XY avrebbe avuto un ruolo, giuridicamente rilevante, nella gestione della pratica in discussione e quali fossero dovessero essere i confini di tale giuridica rilevanza, specie nello scenario, auspicato dalla XX, che si sarebbe delineato qualora i motivi d’appello avessero trovato accoglimento. Evidenziava quindi l’appellante incidentale che egli aveva eccepito che secondo la prospettazioni dell’attore si sarebbe dovuto configurare un rapporto d’opera intellettuale e/o di mandato, nell’ambito del quale, l’obbligato si sarebbe comportato con scarsa diligenza (nello specifico avrebbe curato un adempimento con una tempistica errata) con la conseguente responsabilità, stante l’assunto rapporto causale tra la suddetta negligenza e le denunciate conseguenze pregiudizievoli. 

Tuttavia, eccepiva, non si poteva ignorare che la difesa dell’appellante aveva coltivato la tesi della negotiorum gestio (poiché tra i canoni ermeneutici viene annoverato “il contegno delle parti”), poi abbandonata, a certificare la confusione nella quale si dipanava la domanda giudiziale dell’attore; eccepiva quindi che il rapporto allegato dall’attore dovesse essere qualificato come rapporto di consulenza in materia di c.d. finanza agevolata nell’ambito del quale il professionista assume un ruolo similare a quello dell’avvocato nel mandato difensivo o del commercialista nella risoluzione delle diatribe con l’agenzia delle entrate e quindi di consulenza (scelta della misura agevolativa), assistenza (corrispondenza, notifiche, inoltro documenti), rappresentanza (compimento di atti ut alter ego); ed in effetti il XY ebbe un incarico a predisporre e presentare, ut alter ego, una domanda di agevolazioni per la c.d. “micro impresa” poi abbandonata dalla XX, ove ebbe un riconosciuto e vergato contratto scritto di conferimento di incarico, oneroso, che lo abilitò a presentare telematicamente la domanda e poi a seguirne i successivi sviluppi. Eccepiva quindi che parametro principale per qualificare il rapporto dovesse essere la onerosità del contratto; faceva rilevare pertanto che l’art. 1709 del c.c. afferma la natura onerosa del contratto di mandato e che l’art. 2233 del c.c., a conferma della onerosità di tale contratto, impone l’intervento del Giudice se il corrispettivo non è stabilito dalle parti o dagli usi etc.. Alcun cenno vi è al risultato!!; di conseguenza, eccepiva ancora il XY che la onerosità del rapporto è, non solo un elemento naturale del contratto di mandato e/o di opera intellettuale, ma anche un’ovvia regola di buonsenso; l’attore però non si era preoccupato di spiegare quali fossero i contorni del rapporto contrattuale e men che meno aveva configurato quale sarebbe stato il corrispettivo dovuto al XY per l’attività prestata in favore della XX; la difesa avversaria solo in sede di memorie ex art. 183 aveva tentato di allegare una circostanza nuova, non introdotta con l’atto di citazione, in merito alla quale si sarebbe avuto che la XX avrebbe versato la somma di € 500,00 a titolo di acconto ed in nero, al XY; tale circostanza, tempestivamente e recisamente contestata dal convenuto con la memoria 183, c. 6, n. 2), peraltro mai dimostrata, è stata abbandonata e rinunciata anche in sede di appello; sicché, con l’appello incidentale, XY eccepiva doversi ritenere che alcun compenso fu promesso, richiesto, concordato, effettivamente versato per l’opera prestata, qualunque fosse stata, in favore della XX; con la conseguente affermazione che in assenza di sinallagma contrattuale, alcun rapporto si era potuto instaurato tra attore e convenuto e quindi alcun obbligo avrebbe potuto assumere quest’ultimo, verso la XX, a titolo gratuito.

Eccepiva inoltre che le obbligazioni inerenti l’esercizio dell’attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l’incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato, ma non a conseguirlo. Ne deriva che, ai fini del giudizio di responsabilità, doveva rilevare non già il conseguimento o meno del risultato utile per il cliente, ma le modalità concrete con le quali il professionista aveva svolto la propria attività, avuto riguardo, da un lato, al dovere primario di tutelare le ragioni del cliente e, dall’altro, al rispetto del parametro di diligenza a

cui è tenuto. Sicché ribadiva il principio per cui il professionista è tenuto ad espletare il proprio mandato in conformità al parametro di diligenza fissato dall’art. 1176, comma 2, c.c. che è quello del professionista di media attenzione e preparazione, qualificato dalla perizia e dall’impiego di strumenti tecnici adeguati al tipo di prestazione dovuta, salva l’applicazione dell’art. 2236 c.c. nel caso di prestazioni implicanti la risoluzione di problematiche tecniche di particolare difficoltà.

Deduceva quindi che il contratto d’opera intellettuale è caratterizzato da una forte componente fiduciaria, con la conseguenza che di volta in volta è necessario, per stabilire quale sia il contorno ed i limiti delle obbligazioni dovute dal professionista, individuare quale sia la natura dell’incarico a seconda della categoria di prestazioni che vengono richieste (sicché doveva distinguersi tra prestazioni cui è tenuto un avvocato, il

commercialista, il medico, lo ingegnere), e di volta in volta, in ciascuna categoria di tali prestazioni, verificare in concreto l’oggetto del contratto, posto che, all’interno di ciascuna categoria di prestazioni e campi professionali, le obbligazioni possono essere delle più ampia e variegata natura.

Per tali ragioni eccepiva, l’appellante incidentale, che il Tribunale non aveva spiegato se il XY avesse assunto l’incarico di consulenza (scelta della misura agevolativa), assistenza (corrispondenza, notifiche, inoltro documenti), rappresentanza (compimento di atti ut alter ego); ed in particolare non aveva evidenziato quale fosse il documento o altro elemento probatorio in virtù del quale si potesse affermare che il XY aveva l’incarico di “presentare” o “inoltrare”, la domanda, in nome e per conto della XX, scegliendo egli, discrezionalmente, la data di presentazione; accertamento dirimente proprio perché era questo il fulcro dell’intero giudizio, per scelta dello stesso attore che lo aveva indicato quale causa fondamentale della esclusione dal bando e di ogni conseguenza pregiudizievole lamentata. Eccepiva quindi che tale indicazione non era stata data e non poteva essere data, poiché tale obbligo il XY non lo aveva mai assunto ed in secondo luogo poiché in atti non vi era la prova di tale assunzione. Il convincimento espresso dal Giudice era pertanto in contrasto con il principio dell’onere della prova sub art. 2967 del c.c.. Rammentava sul punto che il “cliente” che sostiene di aver subito un danno per l’inesatto adempimento del mandato professionale deve provare l’avvenuto conferimento del mandato ed il suo contenuto, dedurre la difettosa od inadeguata prestazione professionale, provare l’esistenza del danno ed, infine, il nesso di causalità tra la difettosa od inadeguata prestazione professionale e il danno lamentato. Inoltre, anche nel caso in cui risulti provato l’inadempimento del professionista alla propria obbligazione, per

negligente svolgimento della prestazione, il danno derivante da eventuali sue omissioni deve ritenersi sussistente solo se, sulla scorta di criteri probabilistici, si accerti che, senza quell’omissione o azione, il risultato sarebbe stato conseguito; a supporto di tali affermazioni l’appellante incidentale rimandava alla giurisprudenza di merito e di legittimità sull’argomento (Trib. Milano, I Sez. Civ, sentenza 23 maggio 2014, n. 6790 e Cass. III Sez. Civ., 20/10/2011, n. 21700).

Alla luce di tali principi il Giudice di Prime Cure avrebbe dovuto chiarire quale fosse in concreto l’incarico conferito al XY ed in relazione a questo quindi stabilire se egli avesse disatteso le obbligazioni così assunte; sicché l’affermazione del Giudice circa l’obbligo di predisporre la domanda e seguitarla nel suo iter successivo era stata espressa in palese violazione degli articoli art. 1176, 1218 e 2236 del c.c. e 132, n. 4) del c.p.c., perché non era dato comprendere se, secondo il giudice, tra tali obblighi vi fosse quello di presentare la domanda scegliendo la data!!

Circa il merito della domanda, in estrema sintesi, il XY eccepiva che l’onere della prova doveva ricadere unicamente sulla parte attrice, rimandando sul punto della delimitazione del contratto di consulenza/assistenza, a Cass. II Sez. Civile, Ord, 08.03.2018 n. 16770 e Cass. III Sez. Civ., Ord. 03/10.2017 n. 26970); eccepiva quindi che nel caso di specie l’attore aveva allegato di aver conferito al convenuto l’incarico di curare un’istanza di accesso a risorse pubbliche (nella specie un finanziamento) previste dal bando pubblicato nel BUR Puglia, n. 62 del 23.04.2009, afferente gli “Aiuti agli investimenti iniziali alle microimprese e alle piccole imprese” (vedi all. 1, bando e all. 2 regolamento generale dei regimi in esenzione” n. 1/2009) e di avere il secondo scelto la data e di aver presentato la domanda, specificando con l’appello che la data di presentazione doveva esse intesa quella di inoltro al soggetto finanziatore. Eccepiva pertanto che detto assunto era stato contestato dal convenuto e sconfessato da tutta l’istruttoria; ribadiva quindi che la domanda poteva essere presentata solo previo accreditamento sul portale e quindi telematicamente e che l’incarico ricevuto dal XY era stato solo quello di predisporre ed inviare telematicamente, dopo aver ricevuto la documentazione dal commercialista dell’attore, altra domanda di agevolazione, quella acquisita al protocollo n. …….. codice ………. di INVITALIA del …., in relazione alle misure della microimpresa; domanda che poi era stata inviata alla XX presso lo studio del suo commercialista con due mail del 21.02.2012, mettendolo al corrente del numero di

protocollo e mettendo a disposizione il cartaceo da firmare; con successiva mail del 21.02.2012 il convenuto aveva inviato alla XX il riepilogo degli obblighi e delle condizioni di accesso contenuto nella nota datata 16.02.012 che era stata sottoscritta dal XX per avvenuta consegna ed accettazione; aveva documentato, con conferma anche dalle prove orali, che tale domanda, per scelta dell’impresa, era stata abbandonata.

Rimandava quindi alla trattazione sviluppata in primo grado con le memorie conclusionali e di replica. Con le note di trattazione scritta l’appellante, in data 25.05.2020 depositava documentazione pervenuta dalla Regione Puglia all’esito di un’istanza di accesso agli atti inoltrata dalla XX in data 28.11.2019, quindi successivamente alla pubblicazione della sentenza di primo grado. A tale produzione, nella prima difesa utile avvenuta con le note di trattazione scritta del 25.06.2020, l’appellante incidentale eccepiva “ … la assoluta inammissibilità stante il tenore dell’art. 345 c. 3, c.p.c., combinato con il disposto sub art. 183 c. 6, c.p.c.. in quanto trattasi di documento acquisito con domanda d’accesso formulata ex l. 241.1990, in data 28.11.2019, dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado

avvenuta in data 15/11/2019), che ben poteva viceversa essere acquisita nei termini assegnati in primo grado ex art. 183 c.p.c.; sul punto alcuna giustificazione è stata addotta – se mai possibile - in ordine alle deroghe previste sub art. 345 c.p.c.;”. Precisate le conclusioni ed assegnati i termini ex art. 190 del c.p.c., scambiate le memorie di rito, la causa veniva decisa con la sentenza n. 266/2022 della Corte Territoriale che “rigetta l’appello e, assorbito l’appello incidentale, conferma l’impugnata sentenza”.

La Corte assume i seguenti elementi di convincimento: a. Innanzitutto va dichiarata la tardività della richiesta produzione documentale trattandosi di atti che l’appellante poteva acquisire in primo grado essendo stato posto in grado di verificare la documentazione allegata agli atti e di chiederne la integrazione con una istanza analoga a quella poi tardivamente proposta dopo il deposito della sentenza impugnata; - argomento questo inoppugnabile tenuto conto che la Corte di merito, sul punto, ha deciso la causa in applicazione di un consolidato principio di diritto, secondo cui “ L'ordine di esibizione, subordinato alle molteplici condizioni di ammissibilità di cui agli artt. 118, 119 c.p.c. e 94 disp. att. c.p.c., costituisce uno strumento istruttorio residuale, che può essere utilizzato soltanto in caso di impossibilità di acquisire la prova dei fatti con altri mezzi e non per supplire al mancato assolvimento dell'onere probatorio a carico dell'istante e che è espressione di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, il cui mancato esercizio non può, quindi, formare oggetto di ricorso per cassazione,

per violazione di norma di diritto.” (Cass. 31251/2021). Peraltro in applicazione del principio dell’onere della prova sub art. 2697 del c.c., assumendo l’attore che il convenuto aveva presentato di propria iniziativa la intempestiva domanda di accesso alle agevolazioni, ritenendo che la prova di ciò potesse risiedere nel carteggio acquisito presso la Regione Puglia, avrebbe dovuto, senza affidarsi alla richiesta di ordine di esibizione, ai sensi della l.

241.1990 presentare tempestiva istanza di accesso; in secondo luogo va anche detto che la domanda di ordine di esibizione che ha permesso di acquisire, in primo grado, al carteggio processuale la documentazione esibita da Regione Puglia, era stata formulata dal convenuto tempestivamente con le memorie 183, c. 6, n. 2; cosicché sarebbe stato, ancora una volta onere dell’attore, al limite con la memoria 183, c. 6, n. 3), richiedere, a prova contraria, una mirata e motivata estensione dell’ordine di esibizione, se avesse individuato e ritenuta utile una qualsivoglia acquisizione attinente al thema probandum che ha poi preteso di soddisfare con il deposito in appello di documenti nuovi ed inammissibili; ma tutto ciò, l’appellante non lo aveva fatto né all’esito dell’istruttoria, non lo aveva fatto in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado e neppure con le memorie conclusionali di quella fase; anzi come eccepito dall’appellato, con le suddette memoria l’attore aveva preso atto della produzione del convenuto e, sebbene giudicandola incompleta, non aveva formulato alcuna lamentela; neppure con l’appello era stata formulata un’espressa richiesta di ordine di esibizione e non è stata formulata alcuna motivata istanza di remissione in termini, limitandosi a depositare, surrettiziamente con le note di trattazione scritta, la documentazione per incontrare la ferma opposizione dell’appellato; non vi era dubbio pertanto che la suddetta documentazione atteneva al thema decidendum cristallizzatosi già in primo grado, con la conseguenza che non poteva sussistere alcuna giustificazione per derogare alle preclusioni imposte dall’art. 183 c. 6, c.p.c. e men che meno a quelle, ancora più rigorose, di cui all’art. 345 del c.p.c.; la motivazione della Corte territoriale è intangibile sul punto; in effetti la XX solo dopo aver compreso il rilievo dato dal Tribunale alla documentazione acquisita in primo grado, attinente alla circostanza dirimente del chi e del come e del quando fosse stata inoltrata la domanda di agevolazione, ha tentato di porvi rimedio andando alla disperata di ricerca di documenti a suo modo di vedere rilevanti,

producendoli poi con le note di trattazione scritta, sostitutive delle richieste formulabili in udienza e quindi in totale dispregio di quanto stabilito sub art. 345 del c.p.c.; b. Il contrasto tra le parti in ordine alla data di presentazione della domanda, deriva dal fatto che la data dell’8.03.2012 è la data di inoltro della PEC con la firma digitale, mentre la data del 13. 3. 2012 è la data della apposizione della firma cartacea e dell’inoltro della pratica dalla

Banca alla Regione. 

Come accertato in sentenza e correttamente valorizzato dalle argomentazioni difensive dell’appellato, può ritenersi accertato che il XY curò l’incarico di predisporre la domanda di accesso alle provvidenze del bando e accompagnò la parte della procedura di richiesta ed ottenimento dei relativi benefici, ma non si accerta in alcun modo che il XY abbia provveduto ad inoltrare la pratica né l’ 8.3, nè il 13 marzo. Il teste …, addetto ai fidi e finanziamenti presso la filiale di ….. della …., ha infatti riferito che XY aveva predisposto la domanda di finanziamento e che il XX “ venne insieme al dott …(commercialista dell’attore, ndr.) a consegnare il plico con la documentazione con una lettera di accompagnamento a firma anche del XY in quanto rappresentante dello studio di consulenza “, “so che la pratica è stata predisposta dal XY”. In conformità a quanto motivato dal giudice di primo grado, il ruolo del dott XY è stato quello di predisposizione della bozza e della documentazione di

accompagnamento, ma non è provata la sua presenza alla data della presentazione, che fosse l’8 o il 13 marzo Anzi, dagli atti emerge che ancora in data 28.03.2012 ( v all 18 fasc convenuto in primo grado) , suggeriva la predisposizione di lettere di intenti dei fornitori – e non di fatture - nella convinzione quindi che alcuna domanda fosse stata

ancora formalizzata. Nella mail inviata al XX (all. 18), il XY allegava un fac simile di lettera di intenti (all. 19) dei fornitori suggerendo testualmente che “prima di presentare la domanda in banca, è necessario farsi firmare dai fornitori almeno 2-3 lettere come quella in allegato. Si tratta di lettere di intenti che dimostrano come la vs. attività sia già operativa. Rivolgetevi a chi pensate vi fornirà il latte, la farina, le essenze e cose simili. A disposizione per chiarimenti, cordiali saluti”. Sempre in data 28.03.2012 trasmetteva, con mail delle ore

12.12 (all. 20) sempre al Sig. XX, una lettera che ricapitolava i principali obblighi connessi alla pratica di finanziamento in oggetto (all. 21 copia nota del 28.03.2012 ad oggetto: incentivi ex reg. regimi aiuto n. 1 del 19.01.2009 – R. Puglia – Procedura, obblighi). Tale nota veniva sottoscritta dal XX a riprova della sua accettazione e ricezione, in data 30.03.2012. Ad integrazione della motivazione della sentenza di primo grado, va quindi specificato, che anche a considerare la data di presentazione dell’8.03.2012, non vi è la prova, anzi vi è la prova documentale contraria, che il XY fosse a conoscenza al 28.03.2012,

della avvenuta presentazione della domanda.- Valutazioni di merito inoppugnabili e frutto di un'attenta allegazione e documentazione delle argomentazioni difensive del cliente dello studio dell’Avv. Giovanni Pagliarulo c. Passando alla valutazione del secondo motivo di appello, l’appellante insiste sulla assenza di data certa delle tre fatture presentate al fine di giustificare lo svolgimento di attività aziendale anche prima della costituzione. A parte la considerazione che difetta la prova di un collegamento diretto tra l’appellato e la attività di fatturazione della ditta, essendo pacifico che il commercialista di riferimento era il dott …

(come eccepito sin dal primo grado dall’Avv. Giovanni Pagliarulo), va osservato che le fatture portano la data del 12.03.2012 e che tale data non è stata mai messa in discussione prima del giudizio né dalla parte che le ha allegate alla pratica, ne’ dai responsabili degli uffici regionali che le hanno ricevute. L'art. 2, co. 1 e 3, R.R. Puglia n. 1/2009 dispone che "I soggetti beneficiari { . .] devono: a. essere regolarmente costituiti ed iscritti nel Registro delle Imprese; ... c. essere operativi alla data di presentazione delle domande di agevolazione; , con ciò intendendosi - come precisato nella nota di Puglia Sviluppo del

17.03.2014 - che "Si considera operativa, ai sensi dell'Avviso Titolo II[

.. ], una impresa iscritta nelle Registro delle Imprese da almeno tre mesi o che abbia generato, in linea generale, almeno una fattura di vendita o abbia registrato almeno un corrispettivo" .La tesi dell’appellante è volta a dimostrare che in assenza di data certa, non si poteva provare validamente che le fatture fossero state effettivamente emesse in data antecedente alla presentazione della domanda e non invece in data successiva e con retrodatazione, e che fossero state “confezionate a posteriori “ ed inviate in Regione dal professionista nel tentativo di porre rimedio al “guaio prodotto”. Il motivo di appello è

infondato. Dagli atti provenienti dall’organo deputato all’istruttoria risulta che con nota 17.03.2014 inviata dal direttore generale di Puglia Sviluppo a XX ( all 5 fascicolo dello stesso XX) risulta che a supporto della documentazione prodotta il proponente ha fornito copia della

fattura di vendita n 1 del 12.03.2012 , n 2 del 12.03..2012 e n 3 del 12.03.2012. “ Di fatto dall'esame della documentazione fornita conseguirebbe che la XX non fosse operativa alla data (08/03/2012) della presentazione della domanda di agevolazione al Soggetto

Finanziatore. Pertanto, preso atto della sussistenza di condizioni ostative al prosieguo dell'attività istruttoria, si comunica la non accoglibilità della istanza di accesso presentata dall'impresa XX. Si evidenzia, infine, che da certificato camerale del 24/02/2014, l'impresa risulta attiva dall'01/06/2012 data di inizio dell'attività).” Da questa nota risulta che le fatture furono allegate prima dell’esame della pratica da parte del direttore di Sviluppo Italia e che le date di emissione non sono mai state oggetto di contestazione . A ciò si aggiunga che, proprio all’esito della suddetta nota, XX (all 6) il 1.04.2014 scriveva a Sviluppo Italia chiedendo di annullare il procedimento di revoca allegando una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, con cui egli stesso dichiarava - che, alla data di presentazione della domanda di incentivi, l'azienda era di fatto già operativa. “ Infatti, XX fin subito dopo la propria costituzione ha cominciato a fornire, seppur in maniera occasionale preparati dolciari semplici (piccole torte e dolci per eventi) a strutture di vario genere (ristoranti pasticcerie) . Tali produzioni sono state effettuate utilizzando attrezzature di fortuna (spatole, forni, stampi etc.) possedute a titolo personale dai soci e concesse alla ditta (si veda allegato). Di tanto è stata emessa regolare fatturazione, poi allegata alla richiesta di erogazione del contributo, la cui registrazione nei libri contabili è stata omessa perchè i soci medesimi non ne hanno consegnato copia al professionista depositario delle scritture contabili.

Per Il medesimo motivo, dunque, il professionista medesimo ( n.b. che sarebbe il ….. – e non quindi il XY, come eccepito sin dal primo grado dall’Avv. G. Pagliarulo) , dunque, non ha potuto ottemperare alle disposizioni amministrative di legge per l'avvio dell'attività. Lo stesso, invece, si è incaricato degli adempimenti burocratici di rito per l'avvio successivo dell'attività di gelateria per cui si chiede il beneficio di legge, poi avvenuto in data 01/06/2014 nel locale in ….. ed oggetto della istanza di incentivi in termini”. Ed allegava contratto di comodato temporaneo di attrezzature tra XX -padre, ndr. – (comodante) e XX

(comodatario) datato 9.02.2012 con termine all’1.06.2012, sul quale non è stata mai mossa nessuna contestazione. Le fatture risulterebbero quindi emesse, per stessa ammissione dell’appellante, in forza di richiesta di fornitura dolci e del contratto di comodato delle attrezzature, e tale circostanza ne rende verosimile la emissione nella data in esse indicata. In ogni caso con provvedimento della Regione Puglia Area Politiche per lo Sviluppo Economico, a firma del dirigente del servizio competitività dei sistemi produttivi e del dirigente dell’ufficio incentivi alle PMI e Grandi Imprese , dando atto ancora della avvenuta produzione delle fatture di vendita 1-2-3- del 12.03.2012, dando atto delle controdeduzioni e riportandone il contenuto, “ preso atto delle condizioni ostative al prosieguo della attività istruttoria, considerato che le osservazioni fornite non sovvertono il motivo del rigetto (giusta nota di Puglia Sviluppo prot.n 2304 BA del 17/03/2014), si comunica la non ammissibilità dell’istanza di accesso presentata da codesta società. Avverso tale provvedimento è ammesso ricorso giurisdizionale al TAR o in alternativa il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, rispettivamente entro 60 giorni o 120 giorni dalla notifica”. Anche in questo atto non si mette in discussione la data delle fatture ma si ritiene la permanenza di condizioni ostative.A ben vedere quindi il rigetto non è stato originato dalla presenza di fatture non aventi data certa, ma dalle condizioni ostative illustrate nella nota del 17.04.2014 e cioè dalla non operatività alla data dell’8.03.2012 , data indicata dagli organi istruttori, quale data della presentazione della domanda di agevolazione al soggetto finanziatore. d. Così ricostruita la vicenda sulla base della stessa produzione documentale offerta dall’appellante in primo grado, appare fondata l’ osservazione formulata dal XY nel fax 22.05.2014 inviato a XX e allo studio … (del commercialista di XX) ( all 9), nel quale la risposta della Regione Puglia viene definita “evasiva in quanto non spiega il motivo per cui non hanno preso in esame le controdeduzioni: si limitano a dire che non sono sufficienti. Io ritengo che ci siano i motivi sia formali che sostanziali per proporre ricorso ma a tal fine vorrei interpellare un legale amministrativo…omissis… se i XX sono d’accordo farò

immediatamente vedere le carte sia all’avv………”. La circostanza che XX abbia valutato di lasciare decorrere il termine per proporre il ricorso al TAR , esclude la responsabilità per il professionista che aveva , a parere della Corte, correttamente rilevato la mancanza di motivazione del provvedimento di rigetto nella parte in cui non entrava nel merito delle contestazioni che, allegavano a supporto delle fatture, anche un contratto di comodato che attestava l’esistenza di commissioni per la preparazione di torte secche, e ciò a dimostrazione dell’avvio dell’ attività aziendale . Ritiene quindi la Corte che la stessa documentazione allegata dal XX e trasmessa agli organi regionali, in assenza di un provvedimento di rigetto motivato sulla assenza di data certa delle fatture o di altro impedimento a dimostrare la fondatezza contestazioni trasmesse, unitamente alla possibilità di sostenere l’avvio della attività alla data di trasmissione della domanda alla Regione, ben

giustificavano il ricorso al TAR come consigliato dal professionista. In ogni caso, se la questione è concentrata dall’appellante sulla sussistenza dei requisiti alla data dell’8.3 2012, si ribadisce la estraneità del professionista alla iniziativa di presentare la domanda in quella data. Manca la prova, che era onere dell’attore fornire, di una condotta negligente da parte del professionista e del nesso di causalità tra il mancato finanziamento e la detta condotta in

quanto, sino a quando il XY ha seguito la pratica, esistevano margini per avviare correttamente la pratica e poi per ottenere un compiuto esame nel merito da parte degli organi istruttori - Si potrà osservare come si tratti di argomentazioni di merito in linea con le questioni sollevate con l’appello incidentale per cui la corte conclude affermando Resta assorbito il motivo d’appello sulla prova del danno, nonché sull’appello incidentale relativo alla assenza del mandato. L’appello principale va quindi rigettato con

conferma della sentenza di primo grado. e. In ordine alle spese va invocato il principio rigoroso della soccombenza che comporta l'attribuzione delle spese di entrambi i gradi del giudizio a carico dell’appellante , in tal senso rigettando anche il quarto motivo

di appello.

In conclusione un epilogo del tutto soddisfacente per il cliente dello studio dell’Avv. Giovanni Pagliarulo che ha visto affermata la verità dei fatti e una corretta applicazione dei principi di diritto e di onere della prova in materia di responsabilità professionale.

Casarano 22.06.2022

Avv. Giovanni Pagliarulo



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